E’ passato più di un mese dalla vacanza a Parigi e finalmente riesco a pubblicare il primo post che più che un reportage è un’introduzione a quello vero.
Non sapevo neppure se scriverlo: si tende sempre a parlare bene dei propri viaggi; è raro leggere di situazioni spiacevoli o speranze disilluse.
Ma questo viaggio è andato così. Molto particolare, organizzato all’ultimo; una fuga indispensabile nella quale avevo riposto un sacco di aspettative che, devo ammettere, mi hanno delusa un po’.
Sì, Parigi mi ha delusa: quella delusione che potrebbe darti un piccolo Einstein che prende 8 all’interrogazione di fisica; non si tratta di vera e propria insoddisfazione ma di errate previsioni pre-partenza; nessuno mi aveva fatto presente certe cose che trovo sia utile conoscere se si scopre la Ville Lumiere per la prima volta.
1. Parigi sembra immensa. Ma non lo è.
Sai che è più piccola di Torino?
Però è un triplo concentrato di cose da fare: sono partita con un elenco fitto di attrazioni turistiche ed uno colmo di attività per sentirmi una vera parigina: riempire la memory card di di immagini delle vetrate della Sainte Chapelle, scattare le foto di rito ai gargouille di Notre Dame, fare un pic-nic al parco, andare al canale Saint Martin a lanciare i sassi, passeggiare lungo la Senna, comprare baguette e croissant nella boulangerie di quartiere, mangiare nel dehor di una brasserie, salire sul Sacré Coeur ad osservare i tetti della città, vedere la Tour Eiffel brillare nella notte, perdersi nel Marais e smarrirsi a Montmartre, rispolverare il mio francese, comprare un costoso souvenirs nei costosi negozi di souvenirs, decretare un vincitore nella battaglia tra macarons di Ladurée e Pierre Hermé anche se i macarons non mi piacciono, comprendere il significato di “Artista” davanti ai quadri dell’Orangerie, ascoltare del gipsy jazz prima di uscire di casa, scattarsi una foto davanti all’Arco di trionfo…
In cinque giorni mi sono trovata a dover fare tantissime rinunce sentite, cosa mai successa prima.
Non ero preparata, anche perchè a darmi consigli sono state persone che hanno visitato la città più volte: insomma, non si può condensare tutto in una sola settimana.
Quindi ho fatto la scelta che solitamente mi è meno congeniale: le attrazioni davanti alle esperienze.
Vuoi non vedere il d’Orsay?
Puoi perderti la vista dall’Arco di trionfo?
Non avrai mica saltato Notre Dame?
Così ho lasciato un po’ in disparte la vita parigina per una visita più turistica. Ma è più forte di me: se non riesco a vivere la città come voglio, non riesco ad assaporare fino in fondo il viaggio. Perchè viaggiare vuol dire immergersi nella cultura del Paese, godendo dei piccoli gesti che danno vita alla quotidianità del luogo; non è solo scoperta ma anche immedesimazione.
2. Parigi come Londra.
Quando si parla di tempo lunatico Londra ne esce sempre vincitrice…ma Parigi?
Abbiamo trovato l’autunno in agosto: cinque giorni di pioggia, esclusa una giornata e qualche sporadico minuto di barlume, passando dai 35°C di Torino ai 16° di Parigi: praticamente il percorso di un bagno turco. Sapevo dell’instabilità meteorologica ma non me l’aspettavo così instabile: qui, con tutta quella pioggia parte l’allerta.
Ho una tolleranza pluviale superiore alla media, ma questa volta:
– non ha permesso l’organizzazione di alcun pic-nic
– ha reso i turisti perfetti sgomitatori innervositi
– ha diminuito le attività (ci hanno permesso solo un giro velocissimo in cima a Notre Dame per il vento e la pioggia).
In viaggio la pioggia ha il suo fascino. La bufera no.
3. Vivere nella “piccola Parigi” diminuisce l’entusiasmo.
Ho passato i cinque giorni di vacanza a cercare il je ne sais quoi parigino di cui molti parlano.
Mi sono follemente innamorata di cose di cui scriverò nei prossimi post, ma sono ripartita con il dispiacere di non aver colto quel fascino che fa tanto innamorare i turisti.
Qualche giorno dopo, parlando con zia e cugini toscani è saltato fuori che a loro, la mia città, ricorda sempre Parigi: un po’ per i palazzi, un po’ per quell’aria che si respira nelle vie del centro; e ripensando alla storia è alquanto ovvio che l’occupazione francese di Torino abbia influito fortemente sull’architettura cittadina.
In fondo, che ci si creda o no, Torino è Parigi hanno un’aria molto simile.
Quindi mi sono pentita di questo viaggio? Assolutamente no; semplicemente la realtà non sempre è all’altezza delle aspettative (mettiamoci anche idealizzate).
Ripartirei immediatamente, questa volta con più tempo da dedicare alle passeggiate con il naso all’insù, magari lontana dai turisti e felice di sentirmi in un certo senso a casa.
Ma quando ci si aspetta tanto da un luogo che può dar tanto è inevitabile che rimanga un retrogusto di delusione.
D’altronde come scrisse Honoré de Balzac:
“Mais Paris est un véritable océan. Jetez-y la sonde, vous n’en connaîtrez jamais la profondeur.”
E allora non ci resta che una prossima immersione nelle sue affascinanti profondità.
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Cosa fare a Parigi? Visitare la città dall’alto e innamorarsi dei suoi tetti.
I posti migliori dove mangiare a Parigi.
Un viaggio nella Parigi di ieri e di domani.