A settembre, sovrappensiero ma con senz’altro una delle mie lamentele in canna, ho chiesto al Piccolo Sabaudo se trovasse la vita complicata.
“Mh, è piena di briciole” mi ha risposto, anche lui sovrappensiero per la concentrazione riversata in una simulazione di gare automobilistiche sul tavolo della cucina.
A mesi di distanza, oltre che buffa e tenera e ricca di una filosofia infantile a volte sottovalutata, trovo la sua risposta estremamente reale.
Per lui è così, letteralmente: briciole di grissini nel colletto che lo fanno disperare, briciole di biscotti tra i cuscini del divano anche se sa di dover mangiare a tavola, briciole di gomma, briciole di mela, di carta, di pasta. Il Piccolo Sabaudo sarebbe capace di sbriciolare anche il marmo.
Per me le briciole assumono accezioni più metaforiche, ma non per questo più considerevoli; lo specifico per non cadere nella pesata delle fatiche, usuale quando ci si confronta con i bambini ma neanche poi raro nel mondo degli adulti con il detestabile gioco di supremazia del dolore.
Sto imparando a sottrarmene. Se un mio rammarico provoca una gara a chi ha la briciola più grossa, io mi ritiro dalla gara. Mi è capitato con le chiacchiere sfiatatoio, ovvero conversazioni mirate unicamente a rigurgitare fuori una palla di pelo intrisa di crucci e problemi, che se intraprese con la persona sbagliata ti assicurano un posto sul ring della competizione.
Io in quei casi, quelli in cui i discorsi non si sviluppano su un mal comune mezzo gaudio ma sulla compassione per sé mista ad autoincensamento, prendo spunto dalla natura. Nel senso di ricerca della pace interiore negli elementi naturali? No, nel senso della tanatosi. Mi fingo morta, come certi animali davanti al pericolo. Resto immobile, sguardo assente, leggere oscillazioni della testa come spasmi post-mortem scambiabili per cenni di comprensione.
Pochi anni fa ho sfogato a parole la frustrazione delle uscite rallentate da un bambino piccolo bramoso di indipendenza e in alcun modo interessato alle mie richieste di collaborazione. Io, piccola ingenua, mi aspettavo intendimento, ma ho ricevuto un’iscrizione al torneo “Indovina chi (ha il bambino più bambino)?”
Se John Lennon sosteneva che la vita è quella cosa che ti capita mentre fai altri progetti, io aggiungo che è quella cosa che accade mentre capisci come gestirne le briciole. Buttarle sotto il tappeto, farne tesoro, rifiutarle o conviverci, non lo so ancora, forse la ricerca di una soluzione rischia di scadere in quesiti marzulliani. Ad oggi ho trovato beneficio nella condivisione utile, mirata e selezionata, impiegando le mie energie nella cura di una rete di sostentamento a cui abbandonarsi con fiducia, e la certezza che l’altrui giudizio sia stato soppiantato dalla consapevolezza della soggettività delle posizioni. Perché svuotare le tasche di tutte le proprie briciole è, alla fine, inevitabile, va solo fatto con le persone giuste. E se ci si imbatte in quelle inadatte possiamo sempre fingere la morte come un opossum.