Da quando frequento Padova ho dovuto affrontare diversi traumi linguistici dettati dai regionalismi.
Cosa intendo con regionalismi? Intendo quei termini o modi di dire che con tutta tranquillità utilizzi in giro per l’Italia senza renderti conto che a capirli siete solo tu e i tuoi conterranei; spesso, quando scopri che quell’espressione non è di uso nazionale, rimani sconvolto quanto un bambino di fronte al giochino del dito tagliato. Capito?
Comunque da torinese ho una serie di piemontesismi (magari utilizzati anche in altre regioni) che in passato mi hanno messa in forte imbarazzo al punto da farmi sorgere il dubbio di aver sempre capito male. E invece no.
A Torino si mastica il cicles.
Ricordo quando in vacanza nessun coetaneo era in grado di capirmi.
“Cheee? E cos’è il cicles?”, mi chiedevano mentre diventavo rossa come un incendio che illumina la notte.
“Il cicles…q-quella roba che mastichi”, rispondevo in fiamme.
“Ahhh la gomma”.
“Ahhh la cicca”.
“Ahhh la cingomma”.
Ribattevano ridendo.
E no, bello mio, avrei voluto rispondere; a casa mia con la gomma ci cancello la riga a matita fatta male! La cicca è stata gettata a terra da un fumatore! E la cingomma…che è la cingomma???
Comunque se in piemontese qualcuno ti chiedesse un “cicles” sai che si riferisce alla gomma da masticare (infatti la prima marca importata in Italia si chiamava “Chiclets”).
“Un marocchino, grazie”
Il marocchino oltre ad essere Mohammed, il mio compagno delle elementari, è anche la bevanda piemontese simile al Bicerin. A quanto pare, però, in Calabria non è conosciuta. Immagino mia madre quando, anni fa, ne chiese uno al bar…
Mettiti sul controviale.
Sei alla guida su un qualsiasi corso di Torino.
Stai seguendo le mie indicazioni stradali quando ad un certo punto ti dico: “Vai sul controviale“. Che fai?
A. prendi il viale centrale
B. prendi la carreggiata laterale
C. inchiodi mentre dietro di te parte la banda di clacson
La risposta corretta sarebbe la B. Torino, infatti, ha quasi tutte strade dotate di viali e controviali separati tra loro da marciapiedi alberati (l’avevo accennato nelle 10 cose che non sai di Torino)
Peccato che il resto d’Italia ne sia quasi sempre privo (poveri extrapiemontesi che si ritrovano in auto guidati da un autoctono).
La leggenda narra che i torinesi trasmettano ai figli le regole stradali vigenti in presenza di viale e controviale direttamente nel DNA.
Facciamo che…
Questo, insieme al prossimo, è stato il trauma per cui ho rischiato la terapia.
Hai presente quando esci con gli amici e dovete scegliere dove cenare? E poi si inizia a pensare al dopocena, ma tu hai una fame che ti mangeresti il tavolo di traverso, e del dopo cena non ti interessa nulla perchè hai ottant’anni dentro e alle 22.00 crollerai come un bambino? E allora sproni tutti ad avviarvi?
Ecco, in Piemonte si propone dicendo: “Facciamo che andare?“
Un invito ad appropinquarsi all’azione (non forzatamente per tagliare corto).
Altri esempi.
“Facciamo che cambiare canale, tanto Sanremo è noioso”.
“Faccio che darti lo scontrino, tanto i miei regali non ti piacciono mai”.
“Fai che cancellare la foto, tanto vengo sempre male”.
Ho solo più cinque euro.
Oppure “E’ così stempiato da avere solo più tre peli in testa”.
O ancora “Abbiamo solo più un’ora per disfarci del cadavere”.
Sono tutti esempi di come noi piemontesi amiamo sottolineare la quantità restante di qualcosa.
Penserai che oltre a non aver senso potrebbe essere anche semplificato con un semplice “solo“; ma è qui che ti sbagli: la differenza c’è.
Con “Ho solo più un cicles” ti spiego che, purtroppo, me ne è rimasto uno solo.
Con “Ho solo un cicles” ti rendo partecipe del numero di gomme da masticare che ho in borsa.
Nella prima forma c’è qualcosa di affettivo, nella seconda è solo un dato.
In tasca ho solo più 10 centesimi: non posso comprarmi neanche un grissino. |
Non mi oso.
Per alcuni piemontesi esiste la (errata) forma riflessiva del verbo osare.
Altra espressione in dubbio è il “com’è?” utilizzato per domandare lo stato umorale e/o di salute al proprio interlocutore; ma mi rifiuto di credere sia utilizzato solo in Piemonte.
Comunque in tutti questi anni ho sviluppato la tecnica di sopravvivenza detta “del driblaggio”, ovvero rigirare la frase in modo da evitare troppe spiegazioni; se capiterà di nuovo rimanderò direttamente a questo post.
Ma ora tocca ai tuoi, di regionalismi. Quali incomprensioni hai avuto? C’è qualche termine o modo di dire che hai scoperto essere utilizzato solo nella tua regione? E quanto è sconvolgente prenderne atto?