Osservi mai le vite degli altri?
Oggi sono semi sdraiata sul divano. Il Piccolo Sabaudo è a pelle d’orso su di me; ha scavato sotto il golf e poi la maglia fino a raggiungere il seno attaccandosi, per conforto più che per fame vista la banana e i grissini mangiati un’ora fa. Sono bloccata sotto di lui ma siamo piacevolmente incastrati.
Le finestre della casa nuova sono grandi e dall’ultimo piano riesco a vedere buona parte di due isolati. Del sole resta un arancione slavato nel verde che diventa azzurro che diventa blu del cielo.
Nella via parallela vedo una delle poche case relativamente nuove della zona. Al secondo piano abita una conoscente di mia madre. È malata, o almeno lo era fino a poco prima della pandemia. L’ultima volta l’avevamo incontrata dal medico, io ero incinta ma non lo dicevo ché poi congratulazioni, e quando nasce? Dalla pancia sembra femmina, ah no è maschio, e allora mi nascondevo nel cappotto. Quel giorno lei portava come sempre un foulard per coprire la testa e ci aveva raccontato del suo cagnolino morto. L’ho vista qualche tempo fa scaricare con il marito le borse della spesa dall’auto e mi è sembrata in forma.
Si è accesa una luce nel palazzo in fondo, oltre il cortile della mia ex scuola media.
Sarà una ragazza sui trenta che rincasa con le borse della spesa fatta uscita dall’ufficio. Anzi un frequentatore del bar lì sotto, con l’insegna al neon rosa e rossa davanti al quale sarò passata tre volte in tutta la mia vita ma che sono certa non essere frequentato dall’aristocrazia torinese. O forse un papà appena rientrato dai giardinetti con la sua bambina, lui cerca stancamente di toglierle il piumino color antibiotico Panacef anni ’80, lei si aggrappa ai suoi pantaloni della tuta Kappa in segno di protesta. Sì, un papà e la sua bambina.
Macchina bianca dà precedenza a destra.
Macchina grigia dà precedenza a destra.
Sento ovattato ma neanche troppo (i serramenti vecchi lasciano origliare la vita lì fuori) il clacson di un’auto scura sbraitare contro l’auto che arrivando da sinistra ha proseguito senza indugio.
Le quattro vetrine dell’angolo sono coperte dal cinereo delle serrande abbassate. Negli anni ’90 era la pasticceria di fiducia, dove in estate mi portavano a comprare il Sansoni e mi incantavo ad osservare la figlia dei proprietari usare la pinza per afferrare le piccole bignole da ordinare sul cabaret. Ricordo il profumo zuccherino prima di entrare nel negozio e il laboratorio che sbirciavo una volta dentro. Di quel negozio restano nel mio palazzo i due vecchi proprietari e la figlia, alla quale un giorno, facendomi coraggio incontrandola nell’androne, racconterò quanto sia affezionata ai ricordi della loro ex pasticceria.
Sento un peso togliersi dallo stomaco. Letteralmente, perché il Piccolo Sabaudo è uscito dal suo torpore e si è messo a cavallo sulle mie gambe.
Mi guarda sorridendo con un bollino rosso sulla guancia destra, quella su cui era appoggiato. Cerco di avventarmici sopra per assestarle un bacio ma lui si divincola e mi frena con una mano sulla bocca (maledizione ai miei geni anaffettivi).
Ci alziamo e andiamo alla finestra. Inizio ad indicare al Piccolo Sabaudo aggrappato a me ciò che vediamo: l’insegna di Moda 2000 rosa e azzurra, il grattacielo San Paolo laggiù tra i tetti delle case, i piccioni, guarda i PIICCIOONI come vooolano, come fanno i PIICCIOONI? I PIICCIOONI fanno cru-cru, gli dico come ho imparato al corso di stimolazione del linguaggio.
Lui batte la mano contro il vetro esclamando vocali di stupore.
Osservo le case illuminarsi alla vigilia della sera, cercando di captare movimenti e dettagli per immaginare le vite degli altri. Ricordo l’esistenza di un nome in chissà quale lingua straniera per indicare il piacere di ficcanasare oltre i vetri delle altrui dimore; l’ho cercato online diverse volte, ma internet non è poetico e mi ricorda essere un illecito penale.
Immagino le storie che intravedo oltre alle tende, nei cucinini, dietro ai vetri smerigliati e alle tapparella abbassate.
In uno degli appartamenti che sto guardando mi chiedo se ci sia qualcuno che sta litigando, preparando la cena per un primo appuntamento, studiando per l’ultimo esame, concependo un bambino, stendendo i vestiti appena lavati di rientro da una vacanza, addobbando casa per una festa a sorpresa.
Ma anche: qualcuno ci starà guardando convinto che stia mostrando a mio figlio un bellissimo tramonto, ignaro della realtà in cui gli indico piccioni tubando?
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