Un po’ li capisco, i no-vax.
Ho iniziato ad avere pensieri complottisti dopo aver fatto il dTpa, il vaccino consigliato in gravidanza contro difterite, tetano e pertosse.
La sospetta cospirazione è nata dopo questi ultimi otto mesi in cui mi sono sottoposta alle procedure da tagliando materno-fetale che hanno richiesto sforzi da componimento omerico. La Gestazione non è infatti il periodo di incubazione di un feto bensì il terzo poema epico insieme all’Iliade e l’Odissea.
Cantami, o Diva, delle gravide donne, la pazienza infinita che infiniti addusse crolli emotivi a loro stesse.
Ché il vero problema non è: “Non hai figli, tu non puoi capire”.
Il vero problema è: “Non hai mai calcolato l’età gestazionale ridatata, tu non puoi capire”.
Ieri mi sono recata alla struttura di Igiene e sanità pubblica con l’infausto presentimento che le indicazioni ricevute telefonicamente per la vaccinazione agevolassero troppo la vita di una ragazza all’ultimo trimestre di gravidanza, in periodo Covid, con temperature infernali: presentarsi senza appuntamento o moduli suonava invitante quanto il canto delle sirene del mio collega Ulisse.
Eppure una volta superate le colonne di rilevamento temperatura, la gesta più grande è stata sopportare il lamento di un neonato post-vaccinazione (se solo fosse nato da dei no-vax). Nessuna richiesta di codice decriptato dai valori dell’ultimo prelievo ematologico, nessuna prenotazione ottenuta chiamando un numero di trentasei cifre ad un centralino kazako, nessuna pretesa di ecografie della settimana 32+1 contenente lo stereogramma della data presunta del parto.
Solo un foglio scritto a mano dalla sottoscritta con nome, cognome, data di nascita ed età gestazionale corredato da due tagliandini riportanti il mio numero in coda da consegnare alla sala medica vaccinazioni, non al ventiduesimo piano senza ascensore raggiungibile solo attraversando la prima foresta pluviale torinese abitata da una popolazione cannibale, ma a pochi passi dall’accettazione al pian terreno.
Venti minuti tra attesa e vaccinazione per uscire con il mio braccio dolente e un elenco di tutte le mie inoculazioni dal 1988 ad oggi.
Per questo la mia mente si è tarata sulla lunghezza d’onda dei no-vax: a differenza delle altre vissute negli ultimi otto mesi, come mai una pratica che dovrebbe risultare obbligatoria per salvaguardare un neonato da potenziali malattie mortali nelle prime settimane di vita, è facilmente e rapidamente accessibile?
Non è stato necessario rivolgermi ad Indiana Jones per recuperare un’impegnativa firmata in calce da Yahweh e custodita nell’Arca dell’Alleanza insieme alle tavole dei dieci comandamenti, ma solo pronunciare la formula magica: “Dovrei fare un vaccino” mostrando evidenti forme addominali gravidiche.
Dove sono i tempi di attesa, i costi e le difficoltà tipiche della nostra sanità per la prenotazione di importanti analisi mediche?
C’entrerà mica la lobby delle case farmaceutiche, che già ha tentato con i vaccini neonatali di bruciare le nostre connessioni neurali per non farci ragionare in età adulta su quanto risulti eccessivamente agevolata la procedura per questi fantomatici vaccini prenatali salvavita?
Non sono forse queste le basi di un complotto?
No, non lo sono (ovviamente).
Ho scritto questo post dopo aver ricevuto su Instagram un giudizio, tra l’altro sconclusionato, di una persona che mi ha ripresa per il vaccino di ieri nonostante sia incinta. C’era di mezzo, come sempre quando si affronta l’argomento, il tema autismo (che anche le nuvole ormai sanno essere a me caro) e poca o cattiva informazione da parte del profilo che si è accertato di mettermi al corrente dell’incompatibilità tra la gravidanza e il vaccino.
Ma sono nata in una famiglia in cui autismo e complotti venivano oscurati dalla perdita di un bambino di tre anni a causa del morbillo in un’epoca in cui i vaccini non ricevevano la giusta importanza.
E nel pleonasmo di quel messaggio ho trovato utile rimarcare l’importanza del dTpa al quale, talvolta, le donne non si sottopongono solo perché non messe al corrente.
Sul sito del Ministero della Salute trovi informazioni chiare e concise sui vaccini importanti, ma anche da evitare, in gravidanza.
Su Netflix ti consiglio invece lo spezzone (ma l’intero speciale vale la pena) sull’autismo e i no-vax nello spettacolo di stand-up comedy “Douglas” della comica Hannah Gadsby, anche lei autistica ad alto funzionamento diagnosticata in età adulta (da pc a partire da meno 20:10 dalla fine).
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