Ho sempre pensato che tenere conto dei chilometri percorsi a piedi durante un viaggio fosse mera ostentazione.
Su Instagram, ad esempio, vedo gare di chi ha più grosso il numero di passi fatti, come se un viaggiatore venisse definito da una cifra e non dalle esperienze.
Tornata dalla Malesia mi sentivo sempre stanca. Ipotizzavo già una sconosciuta febbre asiatica quando un giorno ho raggiunto l’obiettivo dei 10.000 passi impostomi da Samsung Health senza che io gli domandassi un aiuto per il decadimento muscolare; il tempo di aprire l’applicazione ed ero china sulla calcolatrice a sommare i passi fatti nelle tra settimane malesi e a trasformarli in chilometri.
Ed eccola lì sulla calcolatrice la mia ignota malattia infettiva tropicale: 15 km al giorno, che in una capitale europea possono corrispondere ad una passeggiata, ma con l’80% di umidità sono pena e supplizio. Io che in estate frigno nel tragitto dall’auto con l’aria condizionata a casa con il condizionatore, devo ringraziare di essere ancora in vita.
Quindi in 21 giorni abbiamo percorso circa 300 km a piedi, preso 5 voli, 5 bus, 3 barche, 5 taxi boat eppure acquistato 2 chili grazie al numero (pari a infinito) di roti canai ingeriti.
Ho dato i numeri e allora proseguo. Mancano 3 giorni al 25 settembre, giorno in cui compirò 31 anni.
Ricordo ancora la me sedicenne insicura e chiusa come un mitile, che bramava i 30 anni certa che eventi arcani le avrebbero regalato consapevolezza e maturità.
Ed eccomi qui, 31 anni: aspetto il Natale come venticinque anni fa, reputo le patatine il mio cibo preferito e cerco su Google foto di Margot Robbie senza trucco per sentirmi meno avvilita, fallendo miseramente.
Per fortuna non sono come quelli che nei loro viaggi ci tengono a farti sapere quanti chilometri hanno percorso.
Ah già, no.
***
Manca invece un solo giorno all’autunno e come dicevo su Instagram è tempo di riaccendere il forno.
L’ho fatto con questo pane, forse il migliore sfornato nell’ultimo anno.
Non è né troppo rustico né il classico bianco. Ha una crosticina leggermente croccante, con la mollica soffice e fitta in contrasto con i semini di nigella e papavero. Il profumo che si espande in casa puoi solo immaginarlo finché non ti deciderai a provarlo.
POOLISH
70g di farina 0
35g di acqua tiepida
1 cucchiaino raso di lievito di birra secco
1 cucchiaino di miele o malto (opzionali)
IMPASTO
430g di farina 0
190g di acqua
mezzo cucchiaino raso di lievito di birra secco
40 di olio extravergine di oliva
2 cucchiaini colmi di sale fino
1 cucchiaio colmo di semi di nigella (cumino nero)
1 cucchiaio colmo di semi di papavero
2-3 cucchiai di farina per decorare (opzionale)
Per il poolish
Sciogli il lievito ed il miele nell’acqua.
Aggiungi alla farina e impasta fino ad ottenere un panetto omogeneo.
Lascia lievitare fino al raddoppio, circa un paio d’ore se non le temperatura non sono troppo fredde.
Per l’impasto.
Nella planetaria metti la farina a cui andrai ad aggiungere il poolish ed il lievito sciolto nell’acqua, e fai impastare per cinque minuti.
Aggiungi l’olio e lascia lavorare per altri cinque minuti.
Infine aggiungi il sale e termina con cinque ulteriori minuti di impastamento o finché non risulterà liscio.
Metti subito in forma il pane (se non sai come fare guarda qui – usando solo farina e non semola se vuoi decorarlo come in foto).
Per creare il disegno, cospargi uniformemente di farina la superficie del pane aiutandoti con un colino. Con un coltello affilato o una taglierina incidi delicatamente la futura crosta come preferisci (nel mio caso ho inciso una spiga).
Lascia lievitare un altro paio d’ore.
Metti una piccola teglia con dell’acqua in forno e preriscaldalo a 200°C. Arrivato a temperatura inforna il pane e dopo 15 minuti togli l’acqua e abbassa a 180°C, proseguendo la cottura per altri 25 (sarà pronto quando battendo sul fondo della forma sentirai un rumore sordo, come se fosse vuoto dentro).
Lascia riposare per cinque minuti il pane in forno con la porta di questo leggermente aperta, poi fallo raffreddare completamente in verticale in modo che il vapore esca senza inumidire troppo la crosta.
Alcune note
– Io utilizzo sempre la planetaria perché la mia forza da celenterato non permetterebbe di lavorare abbastanza l’impasto così da creare la maglia glutinica necessaria per i lievitati di successo. Ma se hai abbastanza vigore da non rimanere esanime dopo cinque minuti di impastamento, allora puoi procedere anche a mano. Trattandosi di un composto abbastanza asciutto, puoi aiutarti con un mattarello per sfinirlo.
– Le dosi di lievito sono quelle che utilizzo io nel tanalocale, che nei giorni della merla mantiene temperature tropicali anche con i termosifoni spenti. Nel caso volessi fare questo pane in una stanza particolarmente fredda ti consiglio di aumentare di poco le quantità o di allungare i tempi (conta che un cucchiaino e mezzo di lievito di birra secco corrisponde a circa 5g, aggiungendo qualcosina sui 500g di farina non inciderebbe negativamente a livello di sapore e digeribilità).
– Per la cottura con acqua e raffreddamento verticale ho preso spunto da qui.
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