Dire Calabria per me è sinonimo di profumo al muschio bianco che compravamo in quell’erboristeria nel centro di Lamezia Terme.La Calabria era la pausa zuccherina del latte di mandorle nelle sere d’agosto, quando le feste di paese scandivano le settimane di vacanza fino a Ferragosto, finchè tutto iniziava a tacere, cicale e profumo di passata esclusi.
La Calabria era il vento che entrava dai finestrini al tramonto, accompagnato dall’odore appiccicoso dei fichi e della terra di campagna che ha cresciuto i miei nonni e dato vita a mio padre.
Quest’anno tornare in Calabria è stato un ripetersi ed un rinnovarsi: ho archiviato un blocco di ricordi e pregiudizi che hanno segnato le mie estati bambine per scrivere una nuova pagina con un inchiostro un po’ più concreto e maturo (ho o non ho quasi trent’anni meno due?)
Le cose non sono state poi tanto diverse: il profumo al muschio bianco portato da Torino, il panetto di pasta di mandorle per fare il latte, l’odore dei fichi arrampicati sulla collina. E poi la nuova storia, nuovi ricordi che spero siano già stati incisi nei miei sensi diventando un rituale per il futuro.
Ma arriviamo alle cose utili.
Quest’anno ho girato meno di quanto volessi ma più di quanto non abbia mai fatto.
Una serata l’abbiamo passata a Soverato con degli amici del Ragazzo Economista con seimesenne al seguito. Abbiamo mangiato al Klaxon, che dal nome pare una discoteca ligure ma che in realtà è un ristorante-pizzeria vicino al lungomare, con prezzi nella norma e, udite udite, una pizza ben lievitata (è sempre piacevole passare la notte nel letto piuttosto che al frigo, attaccati alla bottiglia dell’acqua).
Unica pecca, non per noi liberi da under 10 ma per i prole dotati: hanno solo due seggioloni (a quanto pare è una frase che terrorizza i neo-genitori). Da contare anche che in generale a Soverato tira un vento apocalittico: se avete figli piccoli mangiare all’aperto può risultare un’impresa. Per sicurezza legateli bene al seggiolone (o ad un palo, se sono finiti).
Soverato, a differenza del mio paesino base, è molto viva: la passeggiata sul lungomare è lunga (ma dai?) e ravvivata da bancarelle, chioschi e giostre per bambini. Senz’altro adatta alle famiglie.
Reggio Calabria merita per alcuni motivi: il sedere dei Bronzi di Riace al museo Nazionale – che se mi è rimasto impresso vent’anni fa, ci sarà un motivo; il lungomare da cui osservare la costa siciliana a pochi chilometri di distanza; e il traghetto per la Sicilia stessa, sul quale, a quanto pare, vengono cucinati gli arancini più buoni di tutta la regione – mi suona strano ma tant’è.
So che due motivi su tre sono legati ad un’altra regione (e il restante è alquanto discutibile), ma a Reggio Calabria sono rimasta appena un pomeriggio, e poi sono una fan del mutuo soccorso.
La costa siciliana illuminata da un tramonto divino |
Ma arriviamo alla zona a me più familiare: le province di Vibo Valentia e Catanzaro – un capoluogo con un suono così brutto ma con tante perle da valorizzare.
Tropea è senz’altro il paese più famoso. Io che con il mare vado d’accordo come la cioccolata calda in un assolato agosto, quando vedo l’acqua di Tropea ho l’irrefrenabile istinto di andarle incontro: l’idea di fare il bagno in acque cristalline è travolgente.
Anche il centro storico merita, sebbene sia spesso e volentieri inondato di turisti. Purtroppo i posti dove mangiare e a cui siamo stati fedeli per anni hanno chiuso. In cambio abbiamo trovato una bottega che con 3€ prepara panini con prodotti tipici (nei boccioni, quindi non so quanto siano di zona), perfetto street-food per riempirsi lo stomaco continuando a passeggiare. Si chiama “I fratellini” e la trovi in Via Roma 38, a due passi dalla strada centrale che porta alla veduta panoramica. La ragazza che ci ha serviti è stata gentilissima, e la scelta degli ingredienti permette di pranzare sia (chiaramente) ai carnivori con ‘nduja e salumi di vari tipi, che ai vegetariani con diversi generi di formaggi, ma addirittura ai vegani, con verdure sott’olio e patè di olive.
A chi decide di prendere il panino per mangiarlo più tardi, un avvertimento: uno solo non mi ha saziata, ma due sarebbero stati perfetti.
Dalla mia galleria Instagram @aliceofm |
Ed eccoci al teatro dei momenti speciali: Pizzo.
Pizzo durante la mia infanzia voleva dire 3 cose: cena fuori (che dopo serate nel paesino sperduto era come partecipare all’evento dell’estate), tartufo da Enrico e ranocchie di pasta di mandorle in una pasticceria vicino al Castello Murat.
Purtroppo quest’ultima ha chiuso e le rane di pasta di mandorle rimarranno solo un ricordo.
MA. Ecco alcune cose interessanti di cui si può ancora godere.
Il centro storico è delizioso. Sale lungo le strade del paese che la sera si animano di turisti e negozietti aperti. Il lungomare è corto ma sempre vivace.
Una sera io ed il Ragazzo Economista abbiamo mangiato a “La terrazza di Don Diego“, in Via Salomone 242, più per la vista panoramica su buona parte della Costa degli Dei, che per il baffuto e un po’ scontroso Don Diego.
La valutazione dei piatti di pesce, che notoriamente non ordinavo neanche quando ero carnivora, è stata gentilmente offerta dall’Economista: i prezzi sono economici (primi sui 10-12€) ma non tutte le portate sono soddisfacenti. Un po’ come i ragazzini con 10 in educazione fisica e 6 in matematica.
So però da fonti certe che le pizze sono buone. Sì a “La terrazza di Don Diego” per un piatto napoletano, ni per la cucina di mare.
Ma come non dedicare due righe al dolce tipico di Pizzo, il tartufo? Grazie a questo post di Giovanna Gallo ho scoperto la gelateria Ercole, in piena Piazza della Repubblica. Oltre al tartufo classico non perderti la nocciola imbottita, ovvero una fetta di simil zuccotto di gelato alla nocciola ripieno di panna. Sbavate pure.
Ma cari amici vegani, ho pensato anche a voi: il tartufo vegan esiste! Lo trovi sia da Domenico Penna in Via Nazionale 109/111, che alla gelateria Giovanni Marrella in Via Nazionale VI traversa, 10, e non hanno nulla da invidiare al classico di latte vaccino.
Ricorda: il tartufo da asporto ti costa un’inezia. Se invece decidi di sederti tieni conto che ti costerà sui 4-5€.
Nocciola imbottita e tartufo classico alla Gelateria Ercole di Tropea – foto di Instagram @aliceofm |
Per accontentare gli amanti della natura spostiamoci a due passi dal paesino sperduto per visitare il platano più vecchio d’Italia nei suoi 18m di diametro. Si trova fuori da Curinga (CZ), in direzione Eremo di Sant’Elia. Proprio sulla strada sottostante l’Eremo parte un piccolo sentiero, da qualche tempo reso più agibile rispetto a quando una decina di anni fa rischiavamo la vita per raggiungerlo, e che in circa cinque minuti conduce al platano.
Cose che avrei voluto fare, che non ho fatto ma che mi hanno consigliato.
Spiaggia del paradiso del sub: è una spiaggia nella zona di Zambrone. Si raggiunge con una passeggiata che dalla strada scende lungo la costa puntando il mare (per questo sono consigliatissime le scarpe da ginnastica). Dicono sia davvero un paradiso, ma essendo molto conosciuta è meglio recarsi il mattino presto.
Parco Nazionale della Sila. Sono stata in Sila un paio di volte, quest’anno saremmo voluti tornare sotto consiglio di diversi amici, in particolare per il Parco eco-esperienziale Orme nel parco. Non ci siamo riusciti ma se capiti e hai tempo, facci un giro.
La Calabria è una delle regione meridionali di cui sento parlare meno, nonchè una delle regioni con un patrimonio terribilmente incoltivato. Durante questa vacanza mi è capitato spesso di osservare spiagge, monumenti, chioschi mal curati che potrebbero essere riportati in vita con piccoli accorgimenti.
La Calabria ha molto da migliorare, ma tanto da offrire. Chissà che questo post non le abbia reso un po’ di giustizia.
Ciccola says
Con quei colori e quelle cose buone da mangiare mi hai quasi convinta. Sarà che è da un po' che non vado al mare, ma mi hai messo una voglia (e una nostalgia) pazzesca.
AliceOFM says
Allora sono riuscita nell'intento!
La Folle says
Un post pieno di cose buone da assaggiare al Sud. Fantastico. E in Calabria non ci sono mai stata.
Quando hai parlato di Soverato mi è sembrato di leggere tra le righe una particolare "simpatia" per il marmocchio. Sbaglio? Lol.
AliceOFM says
No…perchè? Io AMO i bambini. AMO dover star dietro ai loro bisogni da interpretare tra un pianto e un lamento. Non c'è nulla di più bello di quella melodia strillante!