Sono su Facebook da poco più di quattro anni, cinque in meno della media italiana.Insomma, ho vissuto in una caverna fino a novembre 2013 senza rendermi conto di ciò che perdevo: stalkeraggio amatoriale a parte, mai avrei pensato che un social network potesse risultare fonte di cotanta analisi sociologica.
Ma non posso lamentarmi, quattro anni sono stati più che sufficienti – d’altronde parliamo del social di Mark Zuckerberg, mica di una somma opera di Piero Angela.
E così ho iniziato a condurre uno studio che esporrò con il contributo di una principessa Disney che, se avesse Facebook, sarebbe sempre lì a smenarcela con foto di lei e lui in spiaggia.
Su Facebook si perdono di vista i confini della condivisione.
Non che esistano regole infrangibili, ma il buon senso, miscelato ad una goccia di amor proprio, è un discreto mezzo per l’autotutela e la prevenzione dello sfracassamento degli altrui animi.
Il culmine si raggiunge a San Valentino, quando la festa comandata si scontra con il cinismo.
Così iniziano battaglie virtuali tra chi ha scambiato l’amore per una gara di autoscatto in coppia, e chi sputa bile alla vista di un cuoricino; tra chi espropria l’intimità di una serata condividendone ogni briciola, e chi inneggia al proprio stato di appagante singletudine ironizzando sulla certa infedeltà di ogni coppia del nostro sistema solare.
Ma in disparte, ad osservare il conflitto, c’è la restante frazione di utenti democratici, silenziosi e – ammettiamolo – divertiti.
Se ognuno è libero di pubblicare ciò che vuole, ognuno è libero – nei limiti del rispetto- di trarre divertimento da ciò che vuole. Un’implicazione logica che non fa una piega, no?
Per questo mi sento libera di far presente che davanti ad una foto di coppia, dove lo sguardo languido di uno si scioglie in quello dell’altro, nella mia mente fluttuerà una sola immagine.
Per gli adulti affetti da sindrome dell’abbandono o da carenza di autonomia, che esorcizzano il proprio stato sentimentale con il cinismo tipico dell’insoddisfazione, riducendo l’amore ad un fondo di tradimenti e insoddisfazione, non ho purtroppo trovato la gif adatta…
C’è da dire che i social network sono fuorvianti: on tutto quello che viene pubblicato corrisponde alla realtà (penserai mica che io pranzi realmente su un tavolo con assi di legno invece che sulla tovaglia con le galline obese?) come non tutto il cinismo vien per fierire, nè tutte le foto di coppia perdono smancerie da ogni pixel.
Ma il giorno di San Valentino mostrato su Facebook rappresenta un piccolo coefficiente dell’amore.
Che si condivida on-line ogni portata e sorriso della cena con la propria metà della mela, che si condivida la serata tra un cartone di pizza, Netflix e il gatto, ci si mette a nudo dando un’idea di se stessi.
Quale? Be’, ho cercato studi scientifici che mi spalleggiassero, ma in rete non sanno mettersi d’accordo: diciamo che gli americani sono più romantici, gli australiani più distruttivi.
Io, che il romanticismo l’ho barattato con la capacità di piegare la lingua ad U, simpatizzo per la teoria australiana; in anni di timidezza ho imparato a compensare il mutismo con l’osservazione e l’ascolto, e mentre gli altri sfoggiavano capacità/amori/lavori, io comprendevo che le dimostrazioni materiali sono comunemente attuate da chi ha bisogno di conferme o approvazione.
Ma qualunque convinzione tu abbia a riguardo, arrenditi perchè San Valentino è arrivato: ci saranno i single che con i loro post ti daranno del cornuto, gli accoppiati che giocheranno a pin pong con parole iperglicemiche, gli indifferenti che si divertiranno con gli isterismi degli uni e le smancerie degli altri…
Ma che tu sia single o in coppia, ti auguro di rientrare nella categoria democratica di quei magnifici umani che vivono il San Valentino come una scusa in più per fare un pensierino a qualsivoglia essere vivente, senza l’ansia da prenotazione tavolo, l’agitazione da outfit elegante e l’affanno da ricerca partner per la continuazione della specie.
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