“Non è che hai la dismorfobia?”
“Non è dismorfofobia?”
“Che ne so”.
“Se non lo sai tu che fai medicina”.
“Ma cosa vuol dire, mica so tutto”.
“Ah no?”
“No. E non fossilizziamoci sull’italiano. Non è che hai davvero la dismorfofobia? O come si dice…”
“Pensi che mi veda deformità che non ho?”
“Sì: la reputazione che hai di te si discosta dalla tua figura”.
“Mh. Sarà”.
“Nel caso devi farti curare, lo sai?”
“Eh no, pure la dismorfofobia. O come si dice…”
“In effetti sei sfigata in salute”.
“Un po’ sì, ma potrebbe andarmi peggio. Potevo nascere leghista”.
“A parte gli scherzi. Dovresti parlarne con la tua psicologa”.
“Della dismorfofobia?”
“No, dell’essere leghista…”
“Sono per due quarti calabrese. Non posso essere leghista”.
“Esistono i calabresi leghisti, e poi compensi con le origini elvetico-piemontesi. Comunque, scema, mi riferivo alla dismorfofobia. Dovresti parlargliene”.
“No, quello non è un problema”.
“Invece lo è. Devi aumentare la stima in te stessa. Ne parlavo con le altre la sera che non c’eri: ti sminuisci troppo”.
“Non è vero”.
“Sei bella”.
“Altra cosa non vera”.
“Visto?”
“Ad essere sincera mi piaccio”.
“Allora rispondi così per ottenere complimenti?”
“No, rispondo così perchè non mi piaccio, ma in fondo mi piaccio”.
“Scusa?”
“Hai presente quando guardi i dettagli di una cosa e li trovi sgraziati, orrendi, da prendere e buttare a terra, saltarci sopra e schiacciarli e ridurli in polvere?”
“No…”
“Va be’, con me è così. Guardo il mio riflesso nello specchio e vedo il naso troppo grosso, le ciglia troppo chiare, i segni della varicella troppo visibili, le costole troppo in vista, il carattere troppo rigido, i sogni troppo irrealizzabili”.
“Ma li vedi solo tu”.
“Fammi finire”.
“Ok, anche se non capisco”.
“Vediamo…hai presente quando guardi un quadro di Monet?”
“Sì, anche se non ne ho mai visto uno dal vivo”.
“Cosa? Ma se l’anno scorso c’è stata la mostra alla GAM”.
“Eh lo so…”
“Va be’. Cosa stavo dicendo?”
“Mi chiedevi se avessi mai visto un quadro di Monet…”
“Ah sì. Ma non ti chiedevo se l’avessi mai visto. Ti ho detto di immaginare un quadro di Monet, tipo uno della serie de “Le ninfee”. Se lo osservi da vicino sembra che un bambino cieco e mancino, ma obbligato a scrivere con la destra, abbia scarabocchiato con i colori: i dettagli sono confusi, sovrapposti…”
“Mh”.
“Ma se ti allontani tutto prende forma: ogni particolare ha il suo perchè, ogni macchia assume tridimensionalità, ogni scarabocchio si trasforma nell’increspatura dell’acqua o in un petalo di ninfea”.
“Quindi ti senti bella come un quadro di Monet?”
“No. Voglio dire che si possono disprezzare i propri dettagli ma stimare l’insieme. Sono certa che assomigliando a Jessica Alba e con la scaltrezza di Jessica Fletcher sarei una persona più felice, ma al netto della visione complessiva mi vado bene”.
“Mi piace questo ragionamento. Ha qualcosa di poetico”.
“Ah sì?”
“Sì. Mi piace l’idea che tutti i nostri difetti possano dar vita a qualcosa di bellissimo. Da un naso storto, degli occhi piccoli e un sorriso triste può nascere un viso bellissimo”.
“Mi hai fraintesa”.
“Perchè?”
“Un naso storto con degli occhi piccoli e il sorriso triste fa schifo. La mia teoria non fa miracoli”.
“Ah. Allora non mi convince”.
“Il concetto è: guardati da lontano e, magari, ti piacerai di più. Con la miopia funziona meglio”.
“Io ci vedo bene”.
“Io no. Senti devo andare, ho l’appuntamento dalla psicologa e non si trova mai posto”.
“Le parlerai della dismorfobia o come si dice?”
“Vediamo se le parlerò della dismorfofobia, o come si dice”.
Pier(ef)fect says
A parte che ti trovo bellissima e non lo dico a chiunque, la penso esattamente come te su di me. Nel senso che nell’insieme sono passabile, ma poi nel dettaglio non sono granché, anche perché conosco bene i miei difetti. Insomma, è una vita difficile XD
Alice says
Ma Pier sei un figo pazzesco!
Maria Felice Romagnolo says
Molto carino questo post 🙂 In effetti anche io non riesco ad avere una percezione chiara di me. Ci sono periodi in cui mi piaccio e ho molta autostima, e altri in cui metto completamente in discussione ogni mia capacità e talento. Accetto i miei difetti, perché appunto mi sembra che in realtà siano pregevoli nell’insieme, ma a volte mi chiedo se le mie convinzioni di me stessa, nel bene e nel male, esistano davvero.
Alice says
Il bipolarismo dell’autostima lo conosco bene. Meglio limitarsi ai momenti in cui ci si piace!
Simona says
Mi piace molto questo ragionamento. In effetti io mi fisso sui particolari, vedo difetti ovunque, ma se mi guardo nell’insieme penso che non sono poi da buttare. Mi è venuto in mente che nelle foto odio i miei primi piani, mi preferisco a figura intera (magari in lontananza, mimetizzata tra la gente ^_^).
Detto ciò non ti conosco personalmente, purtroppo, per poterti giudicare. Ma è indubbio che tu sia bellissima, e quello che trasmettono le tue foto (le poche che ho visto) sono sicura che tu sia bella anche dentro.
Simona says
*e DA quello che trasmettono
scrivo sempre di getto e poi mi accorgo che perdo i pezzi
Alice says
Vogliamo parlare dei primi piani nelle fototessere?