Edimburgo.
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Racconti di viaggio
Lione: cosa fare, dove dormire, cosa mangiare.
Tornata da Lione una settimana fa. Dopo il post con un mucchietto di sensazioni random, arriva quello con le informazioni utili, chè belle le emozioni ma una città va scoperta anche in superficie….
Lione: la (terza) prima volta
Se non si fosse capito dalle ultime foto su Instagram, sono appena tornata da Lione.
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5 posti romantici a Torino
Consigliare 5 posti romantici di Torino senza essere propensi al romanticismo è contraddittorio. …
Pretzel (o bretzel) vegani e non
Correva l’anno 2004 quando in piena svogliatezza adolescenziale passai le vacanze di Pasqua in giro per l’Austria in camper con i miei….
Dahl di lenticchie
Cosa fare a Torino? Consigli per chi c’è già stato e per chi vuole viverla da torinese.
Negli ultimi mesi mi è stato chiesto moltissime volte (dove con “moltissime volte” intendo un numero proporzionato alla mia notorietà, sulla quale stenderemo un velo di mistero) cosa vedere a Torino.…
Racconti di viaggio: Madrid e l’ostello per incontri occasionali.
Primo viaggio organizzato in completa autonomia. Di solito ci troviamo
tutti quanti insieme; con le idee di uno e i dubbi dell’altro riusciamo a prendere
scelte giuste di comune accordo.
e mi conosco: meglio che sia io a prendere le decisioni più importanti,
eviteremo un mio eventuale rinfaccio.
con 9€ a testa ci promette una camera piccola ma confortevole. Non so quale sia
nelle foto, ma all’apparenza risultano tutte curate e luminose, contando anche le recensioni positive e la posizione – a una decina di secondi a piedi da Gran Via e sei minuti da
Puerta del Sol– penso di aver fatto un buon affare.
ho infranto uno dei punti principali del codice del buon viaggiatore: mai
indossare scarpe nuove alla partenza.
attraversiamo la strada nel traffico di fine giornata, e in pochi secondi ci
troviamo in Calle De Hortaleza. Un paio di visi loschi sono fermi vicino al nostro civico, e l’istinto fa tornare alla mente le parole con cui ci aveva messo in guardia la
sorella del Ragazzo Economista, che a Madrid ci ha vissuto qualche anno.
una bellissima zona, quella”.
irritano la mente, e suoniamo.
illeggibili fatti con la bomboletta, scatta, aprendosi sul nero profondo.
Impiego un attimo per mettere a fuoco il piccolo atrio buio; l’unica cosa che
distinguo con facilità è l’odore di cibo misto ad umidità. Il tepore di agosto che
rivestiva la mia pelle è aggredito da un freddo appiccicoso, sempre più violento nell’avvicinarsi alle scale.
gradini in legno ricurvo, che ad ogni nostro passo rimbomba nella tromba con la
stessa intensità dei dubbi che mi martellano in testa.
sinistra.
di prima, ma più intenso e acre. Siamo in un piccolo ingresso dall’arredamento
sterile e privo del gusto più semplice. Di fronte a noi una macchinetta del
caffè rovinata, a destra un divanetto grigio e impolverato, sulla sinistra un
desk stancamente presidiato da un uomo sui 50/60 anni; indossa i pantaloni di una tuta, e una canottiera
bianca che lascia scoperto un crocifisso annegato in un mare irsuto. Ci saluta
asciugandosi una goccia di sudore che si getta lungo la testa nuda.
sorriso e proseguo chiedendo della nostra prenotazione, ma mi blocca
subito.
in spagnolo so contare fino a dieci, e dubitando che il testo della Macarena
possa aiutarmi, mando avanti il Ragazzo Economista che qualche frase sa metterla
insieme.
computer, ci fa pagare, afferra un mazzo di chiavi e attraversa il breve corridoio
che parte da quell’ingresso con temperature tropicali. Tutte le porte sono
fatte di legno e tinte di bianco; basterebbe un mio debole calcio per
sfondarle.
sulla destra, comincio a sentirmi confusa. Siamo in cubo rosa di tre metri per
quattro. La luce è fioca e il colore delle pareti la rende della medesima
tonalità. Un angolo del letto matrimoniale confina con una vasca ammuffita che sbuca da
dietro la porta. In fondo al cubo, il bagno è semi chiuso da un separè
scorrevole in plastica che non tocca né terra né soffitto.
in una bolla frastornata. Qui dentro fa freddo come nell’atrio del palazzo, e c’è
odore di muffa e di bagno pubblico.
Gli occhi si fanno spazio nella penombra
alla ricerca di uno sguardo rassicurante del Ragazzo Economista. Ma dai suoi sgorga un turbamento
che non mi aspettavo; così, senza sforzo, inizio a traboccare di lacrime. Un
abbraccio e le sue incerte parole di sostegno mi tranquillizzano.
mi scappa dall’aeroporto. L’idea di farla in questo cubo mi fa letteralmente
schifo, ma dovrò starci per altri cinque giorni, tanto vale scoprire cosa mi
aspetterà. Con l’unghia dell’indice faccio scorrere la plastica e mi accorgo che la
stanza finisce mezzo metro più in là: in pochi centimetri sono stipati un water,
un lavamani e una (e unica) finestrella di legno rotta. Cerco di
aprirla per cambiare l’aria pesante e irrespirabile, ma vengo investita da un
odore di liquame. La richiudo.
Tenendomi a distanza da ogni superficie, utilizzo il bagno e i miei
fazzolettini. Quando tiro la catenella un gorgoglio strano inizia a salire dal
water; mi giro, e noto che il livello dell’acqua aumenta vertiginosamente.
intasato. Con tre fazzoletti.
alla reception dove troviamo solo una ragazzina dai tratti sudamericani.
Le chiediamo dove sia l’uomo in canottiera, e con sicurezza ci indica la porta al fondo
del corridoio, quella accanto alla nostra.
Continuiamo così per una decina di minuti, fin quando l’uomo non esce seccato, intento
a tamponarsi la testa con un asciugamano di spugna. Gli spieghiamo l’accaduto
e sebbene ci parli solo in spagnolo, capiamo che non è cosa inusuale.
Scompare per qualche secondo nella sua stanza per uscirne con in mano uno sturalavandini.
Senza dire niente si dirige verso il bagno e comincia a trafficare con il water.
Il WC liberato dall’ingorgo produce un verso simile ad un rutto; l’uomo in canottiera
esce sorridente, lasciando lungo il tragitto gocce di acqua di scarico come Pollicino
con le molliche di pane.
vi sia una stanza meno claustrofobica, spiegandogli che la prenotazione è stata
fatta sulla base delle foto pubblicate sul sito.
che gli unici posti rimasti sono in una camerata sullo stesso piano. Poi, raccomandandosi di non fare complimenti se avessimo di nuovo bisogno dello
sturalavandini, si chiude la porta alle spalle.
boccata d’aria: non sono mai stata così contenta di riempirmi i polmoni di smog
e temperatura estiva; ma al pensiero di tornare in quel cubo di freddo, buio, umido
e tanfo scoppio a piangere. Il Ragazzo Economista propone di prendere gli
zaini e stare fuori fino a tardi; io faccio finta che quella soluzione non sia il
piano che avevamo comunque in programma, sperando così di ingannare la percezione del tempo trascorso là dentro.
famiglia marocchina composta da madre, padre e tre figli piccoli; vengono
accompagnati in una stanza che sarà poco più grande della nostra e, origliando,
scopriamo essere senza permesso di soggiorno.
accorgiamo che qualcuno ha spostato gli zaini posati su una piccola panca. Controllo ogni tasca. Non manca
nulla, ma senza troppi giri di parole capiamo di non voler passare il nostro
viaggio in quelle condizioni. Senza dubbi ci dirigiamo dall’uomo in canottiera
che continua a sudare nella sua postazione.
lo spagnolo elementare che prima riusciva a comprendere ora gli suona chiaro come l’ostrogoto. Mettiamo
mano al suo pc, apriamo Google Translate e, semplificando al massimo, gli
spieghiamo le nostre intenzioni.
la camera prenotata non corrisponde a nessuna di quelle pubblicate sul sito. Come c’è
scritto nel regolamento, le lasciamo i soldi della prima notte chiedendole
indietro quelli pagati all’arrivo”.
comune – che scopriamo essere il luogo in cui vive la ragazzina
sudamericana- ma decliniamo l’invito.
il cubo lasciandoci alle spalle Calle de Hortaleza.
ostelli, in pieno agosto, erano tutti al completo) e trovato il Petit Palace TresCruces dove i receptionist, colti da mera pietà, hanno scontato il pernottamento del 50% .
al corrente di un piccolo dettaglio: il proprietario della Pension Lemus non
era solo un receptionist sudato e sporco, ma anche un affittacamere ad ore
capace di fregare i turisti con foto irreali e recensioni false in tutte le
lingue.
pretendevi? Una stanza delle dimensioni di un cassetto, solo priva di muffa e odore di feci e urina (eravamo a Madrid, non a Timbuctù).
Una cena al “Del Cambio” di Torino
#diarioditrasferta: ultimi aggiornamenti (ironici) da Padova
(Qui a Padova abbiamo una connessione pietosa condivisa con gli inquilini del piano di sotto, quindi non è improbabile che il post riuscirà a caricarsi quando ce ne saremo andati forever and ever.)…