Paolo Fox ha sentenziato sul mio 2020.
Per dirlo in franco provenzale, sarà una merda.
Amore: “Gennaio e febbraio saranno mesi di ripensamenti”.
Lavoro: “Tra gennaio, febbraio e marzo grandi fatiche”.
Fortuna: “Si parte un po’ bassi”.
In generale: “Inizierete l’anno in maniera turbata e tra mille dubbi, ma saranno dissolti tra la primavera e la fine dell’anno”. Perché mancano giusto quei 364 giorni alla fine del 2020.
Signor Fox, più che volpe lungimirante, uccello del malaugurio.
A pensarci bene sto anche leggendo un libro dal titolo “L’uccello del malaugurio“.
Una coincidenza? Voglio credere di sì.
Ché il 2019 non è stata una scampagnata con il cestino da pic nic.
A fine gennaio, dopo mesi di resistenza a bossing estremo, sono stata licenziata dal giorno alla notte, nel senso che sono entrata il mattino con il sole per svolgere il mio abituale impiego e sono stata informata dell’infausta novella al calare delle tenebre nel tardo pomeriggio.
Puoi sopravvivere alla vigliaccheria di un capo ma non alla lettera di licenziamento (fatta consegnare da terzi).
Dagli altri miei capi ho ricevuto lusinghe, promesse di lettere di raccomandazioni e un confidato dispiacere per l’inspiegabile scelta presa dall’associato evidentemente affetto da nevrosi; malgrado ciò sono finita in depressione perché a 30 anni vedersi togliere un indeterminato che ripagavi facendo più di quanto venisse richiesto è quanto di più ingiusto e triste possa capitare in ambito lavorativo.
Perlomeno la disoccupazione forzata mi ha permesso tra febbraio e marzo di passare più di due settimane in ospedale ad accudire colui con cui ho deciso di passare questo nuovo decennio. Una frattura scomposta al metatarso si è trasformata in un blocco renale causato da un sovradosaggio di antidolorifici.
Il colpevole, come si può immaginare, non è saltato fuori. Ma va bene così.
L’importante è che non sia passata da avere un ragazzo bello e in salute ad uno bello e in dialisi.
A luglio è morto mio nonno. L’ultimo in mia dotazione familiare.
Con lui si veniva legati da un rapporto elastico. Letteralmente, perchè il suo carattere burbero provocava un inevitabile allontanamento, ma come legati ad un laccio di gomma si ritornava indietro, con forza, e l’impatto con lui generava un nuovo scontro.
Era egoista ma da lui ricevevo insegnamenti pratici e non educazione teorica.
Era scontroso ma è lui ad avermi sottoposta a stimoli che raramente si presentano ai bambini.
Quando una persona muore chi resta tende a nobilitare: io continuerò a pensare che sia stato un uomo scorbutico e prepotente, verosimilmente l’essere umano più egotista che abbia mai conosciuto. Ma al ricordo di tutte le cattiverie a cui ho assistito mi duole ammettere che sento la mancanza di una sua certa presenza, quella saggia e formativa, l’ombra che manteneva ancora in vita la mia infanzia.
Sintetizzando.
Nel 2019 ho capito la differenza tra capo e Capo.
E’ la C maiuscola a renderti un superiore rispettabile non per la posizione ricoperta ma per la stima meritata.
Quella C è gonfia di virtù e insegnamenti, non tronfia di perdita di contatto con la realtà e denaro.
Se vuoi essere il Re dei tuoi dipendenti dimostra integrità o voltato l’angolo sarai il giullare da beffare aspettando l’orario di uscita.
Ho capito che un contratto a tempo indeterminato è un obiettivo importante ma non la meta essenziale.
Per iniziare a vivere con più serenità ho atteso di averne uno e con la facilità di una telefonata per chiamarmi al piano superiore e invitarmi a non presentarmi il lunedì, mi è stato sottratto per mera avversione.
Certo spero che al mio attuale determinato si prefigga quella preposizione semplice breve e dal peso
importante, ma non mi è più concepibile mettere in attesa la vita per aspettare quel documento sicuro che poi tanto sicuro non è.
Ho anche capito il vero senso del termine “inaspettato”.
Negli ultimi anni ho affrontato imprevisti e agito in maniera inattesa, ma la morte di mio nonno ha scatenato una sofferenza più intensa di quanto ci si aspettasse dal bene ricevuto da lui in vita. Questo è il segno per cui, a volte, il bene può essere custodito in angoli estranei all’affetto più classico.
Quello che invece resta incompreso ma confido di avvalorare nel 2020 è il karma.
Non sto imboccando la strada mistica per entrare a far parte dell’ordine teurgico del Divino Otelma, ma vorrei intraprendere un percorso con un’attitudine sullo spirituale andante che potrebbe giovare ad un’indole cinica e una mente dall’eccedente rimuginio. Niente ritiri del silenzio al Pian del Re o serate a sgranare il rosario, ma robe semplici come mindfulness, meditazione e due incensi presi dagli indiani a Kuala Lumpur.
E per contrastare il mio completo negativismo ho iniziato a tenere d’occhio il karma; nell’ultimo anno delle azioni meschine o cattive hanno per fortuna, con il senno di poi, dimostrato di innescare un effetto boomerang. So che il karma positivo nasce da azioni spontaneamente benevole, di conseguenza l’analisi di quello negativo (presumibilmente impulsivo salvo casi di impensabili masochismo) dovrebbe essere una buona prova del nove. Come direbbe il buon Justin degli anni 2000, “what goes around comes around“.
Qualcuno potrebbe obiettare l’etica di questa mia spiritualità studiata, ma sarebbe l’unico modo per dare speranza ad una che crede nella possessione da sfiga.
E poi chiedo indulgenza: fino al 2019 il massimo di azione trascendentale per me è stata leggere le frasi motivazionali sui filtri degli Yogi Tea.
(Trovo gli auguri sempre un po’ banali quindi mi limito ad auspicare per te un 2020 con ciò che desideri. Per tutto il resto più karma e meno Paolo Fox).
Danila says
Se sei interessata alla spiritualità ti consiglio di leggere il Budda Geoff e io. Ho letto con piacere la tua personale visione rispetto all’anno passato
Alice says
Grazie Danila, darò un’occhiata.