Hai mai sentito un legame con qualcuno mai conosciuto?
Che so, un cantante, un attore, un filosofo o anche un cuoco; qualcuno di cui conosci il vissuto.
Con “legame” intendo qualcosa di impalpabile. Una sensazione, anche banale.
Come se foste collegati da un sottilissimo filo in cui scorrono caratteri, sentimenti, emozioni comuni; un filo in grado di reggere le tensioni degli anni o dei Paesi che vi possono separare.
Io lo sento con Pavese.
L’ho provato anni fa, al nostro primo incontro ne La spiaggia.
E sono convinta di averlo eh, anche se al 99% sono convinzioni.
A partire dalle irrazionali.
Chè se ti chiami Alice, come la canzone di De Gregori in cui c’è il verso: “E Cesare, perduto nella pioggia sta aspettando da sei ore il suo amore ballerina. E rimane lì, a bagnarsi ancora un po’, e il tram di mezzanotte se ne va, ma tutto questo Alice non lo sa”, non significa che esista una qualche connessione.
E invece questa Alice sa. Sa che non è un Cesare qualsiasi, quello lì; è un Pavese di 17 anni che alcuni definiscono autopunitivo ma che -almeno in questo caso- vedo come un qualsiasi adolescente facile alla sbandata per le belle ragazze.
Soprattutto per attrici e cantanti di varietà e cabaret. Come Pucci. Chissà se lei prese un’uscita secondaria per evitare uno dei tanti ragazzini che le faceva la corte.
Fatto sta che Pavese rimase fuori da quel caffè ad aspettarla; e ci rimase nonostante il freddo, e la pioggia che qualche ora dopo cominciò a lucidare l’asfalto.
Si prese una pleurite che lo portò a perdere tre mesi di scuola e gli regalò l’asma.
Sarà empatia, ma questa banalità del nome inspessisce il filo che mi fa sentire legata a lui.
Come il fatto che abbia studiato e vissuto ai piedi della Mole, che abbia frequentato lettere come me (se solo avessi finito l’università, la tesi l’avrei probabilmente fatta sulla sue storie – letterarie e di vita).
Ma ciò che ha più peso sono, ovviamente, le parole.
E’ un discorso delicato, facilmente travisabile.
Nei libri di Pavese ritrovo parte del mio Io; un lato malinconico che fa fatica ad affrontare la vita.
Un costante, seppur leggero velo di grigiore che appesantisce gli angoli del sorriso, ma che nonostante ciò, fa vivere la vita come chi è nato con il sole nel cuore.
Tristissimo, dirai.
Non credo; leggere i suoi romanzi può essere interessante per il pessimista come per il fiducioso: puoi rinvenire te stesso, o scoprire un’esistenza diversa.
Perchè nei suoi libri trovi Lui. Lo scrittore e poeta; ma anche l’uomo dall’animo complesso e dalla vita ricca di esperienze: dalla nascita in un paesino in provincia di Cuneo, al trasferimento ai piedi della Mole. L’esperienza a Roma per Einaudi, l’esilio a Brancaleone Calabro con l’accusa di antifascismo; amori turbolenti e amicizie del calibro di Giulio Einaudi, Leone Ginzburg e Norberto Bobbio.
C. di Constance Dowling |
Alcuni non apprezzano il suo stile (magari anche tu?)
Forse per l’utilizzo, in molte opere, del “simbolismo”: un personaggio o una realtà attraverso cui esprimere un concetto.
Ma d’altronde leggiamo per svagarci, e sebbene le storie che si celano dietro ai libri di Pavese siano più interessanti di quel che ci si possa aspettare, nulla vieta di tuffarsi in un semplice racconto.
Qualche giorno fa ho finito “La luna e i falò“, forse la sua opera più nota.
E’ stato come rivedere un cartone di quando si è piccoli, capendo le battute che allora si facevano scivolare nelle orecchie, o a cui si attribuivano significati tutti nostri; l’ho riletto con più consapevolezza, afferrando quel famoso simbolismo che anni fa cercavo a stento di concepire.
Ho un debole per gli aforismi, e in questo romanzo ho fatto amicizia con frasi che neanche ricordavo; alcune sono il condensato di concetti che mi chiedo se possano essere espressi in maniera migliore.
Di fronte ad altre ho sorriso per la collisione con i giorni d’oggi.
E una in particolare mi ha fatto capire il potere della parola: anche senza ricchezza di termini o concetti si può creare un’immagine che va a colpire un lettore.
Per me questa frase esprime benessere.
Da alcune persone Cesare Pavese viene definito “debole”, anche per il gesto che lo portò a togliersi la vita il 10 settembre 1950, nell’Hotel Roma qui all’ombra della Mole.
Sono sempre un po’ restìa a definire così una persona che sceglie il suicidio (sono più propensa al distrutto); ma se lo scrittore è colui in grado di far nascere emozioni -di qualsiasi genere- in colui che legge, Pavese è stato in grado di essere un grande scrittore anche con le ultime parole che riportò su un foglietto.
Noemi Gallo says
Anche io per certi versi sento un'affinità con Pavese: in particolare con il Corrado de La casa in collina per la sua fragilità, il suo desiderio di mettersi in gioco, di agire, e la sua sostanziale incapacità a partecipare attivamente alla vita. In alcuni casi mi sento un po' così anche io…
Ma il romanzo (o racconto lungo come piaceva a lui definirli) più bello di Pavere per me resta La luna e i falò: un flusso libero di immagini della memoria sullo sfondo mitico dei falò dell'infanzia e di quelli della maturità, dell'età della consapevolezza e della disillusione, violenti e distruttori.
Alice - Operazione fritto misto says
Felice di vedere che anche tu apprezzi!
Manuela says
Certo che apprezzo Pavese. E capisco benissimo quel che vuoi dire 🙂
Ti fa paura sapere che il mio legame l'ho trovato con Schopenhauer?
Certo, era un periodo un pò così della mia vita… ma tuttora lo trovo così terribilmente attuale.
Ad ogni modo sono una persona molto volubile. Oggi mi sento in linea con Schopenhauer, domani con Wilde.
Ma – grosso modo – sono una che guarda la vita con meraviglia condita da cinismo. E il cinismo di Schopenhauer ci azzecca sempre.
Alice - Operazione fritto misto says
Sai che di Schopenhauer ho un vago ricordo? Qualcosa su gioia e dolore (ma potrei sbagliarmi).
Mi informerò! 🙂
l'albero della carambola says
Un post che mi sono gustata col caffé in una pausa…molto diversa dal solito. Grazie, semplicemente, per questo "viaggio".
simo
Alice - Operazione fritto misto says
Grazie a te Simo!
Babe - La Cucina di Babe says
Sai che anche io sottolineo le frasi che mi piacciono nei libri?
E mi guardano strano.
Ma allora non sono l'unica!
Alice - Operazione fritto misto says
Io è da poco che lo faccio. Prima avevo sempre paura di rovinarli.
Così mi ritrovavo a cercare le frasi perse in un libro intero; alla fine mi sono armata di matita poco scrivente e post-it: basta una passata di gomma e va via; e finalmente trovo ciò che reputo vada ricordato, in un attimo.
Se è strano, siamo in due 🙂
foodsofgrace says
Io sottolineo con talmente tanta forza da lasciare il solco…