Che mondo sarebbe senza speranza?: Banane fritte con impanatura di farina di cocco.
Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi.
Ragazzine di 20 anni spaccarsi la schiena per un lavoro sottopagato, rischiando quasi la vita per mancanza di sicurezza; e ragazze pronte a girarsi dall’altra parte pur di non affrontare gli atteggiamenti di quella persona che non avrebbero mai dovuto far diventare “il proprio ragazzo”.
E per storpiare ulteriormente la celebre battuta, tutti quei momenti non possono andare perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia.
E’ tempo di migliorare.
Chè queste cose non le avrò viste solo io.
Da eterna Alice nel Paese delle meraviglie, inguaribile sognatrice e speranzosa incallita, certe cose proprio non mi vanno giù.
Perchè c’è sempre tempo, c’è sempre la possibilità di puntare un po’ più in alto.
Viviamo la nostra vita percorrendo un sentiero pieno di villaggi.
Penso che l’ultimo, il più grande e bello, sia stato raggiunto da pochissime persone, perchè il percorso è estremamente faticoso.
Alcune però neanche ci provano, date per vinte. Si sono fermate al primo, dove c’è giusto da mangiare e un po’ d’acqua per bere e lavarsi.
E quando chiedi loro se stanno tentando di andare avanti, se progettano di raggiungere il successivo, ti sorridono e rispondono che quello, sebbene non sia un granchè, va bene.
Ho sempre invidiato chi si accontenta, ma quando si tratta di poca intraprendenza e pigrizia divento intransigente, non lo accetto.
Apprezzare ciò che si ha anche quando non è molto, non potrebbe essere cosa più giusta; ma nessuno ci vieta di provare a proseguire lungo il sentiero, senza abbandonare per forza il villaggio in cui si è.
E a volte, basta così poco per tentare un passo avanti.
Inviare quel curriculum, tanto per, anche se si ha un lavoro che ai propri occhi appare come insostituibile; provare a prendersi i propri spazi e capire quanto si sta bene anche senza un ragazzo.
Forse la vita non cambierà, probabilmente resteremo sempre allo stesso punto.
Ma chissà che invece non si riesca ad ottenere un colloquio (e magari un contratto in regola); e che, to’ guarda, ragazzi carini che sappiano trattarti come si dovrebbe, esistono!
E fa un po’ ridere che a scriverlo sia io, spesso colpita da attacchi di pessimismo.
Ma sognare, puntando ad una realtà migliore, mi ha aiutato in molti momenti; e se è qualcosa in cui credo fermamente, posso anche trovare la forza per raggiungerlo.
Anzi, a dirla tutta spesso punto fin troppo in alto.
Se sei poco speranzoso potremmo fare uno scambio: io ti cedo un po’ di ottimismo per il futuro, e tu un po’ di accettazione.
Per contattarmi usa pure la mail qui a fianco 🙂
Autolesionismo musicale: ventagli di patate e formaggio pronti in 45 minuti.
Ho intenzione di proporre alle case editrici di dizionari e vocabolari una nuova definizione per autolesionismo.
O meglio, di aggiungere un esempio. La sottoscritta.
Autolesionsimo – s. m. [dal lat. mediev. dictionarium, der. di dictio -onis «dizione»] variedefinizioniletteralideltermine. Es: Alice -quella con un blog un po’ incasinato che ha chiamato Operazione fritto misto- va alla ricerca di autolesionismo proprio quando potrebbe farne a meno, ovvero in momenti di paturnie/frustrazione/confusione; la tattica da lei più utilizzata è l’ascolto di canzoni, più o meno melodiche, con una forte combinazione di note e suoni tendenti alla tristezza.
A ripetizione.
Un po’ come fanno le adolescenti.
Sono molto influenzata dalla musica che ascolto, ed il mio umore riesce ad oscillare anche grazie (o a causa) di questa.
Infatti in prima posizione troviamo Sting con la sua Fields of gold; una canzone che adoro, ma che ha giusto un fondo di malinconia.
E poi ci sono quelle più recenti, sempre pronte a buttarti ancora più giù quando vorresti chiuderti in camera al buio per piangerti un po’ addosso.
Per rimanere al passo con i tempi, mi faccio aiutare da Daylight dei Maroon 5, My side of the story di Hodges, Try e Just give me a reason di Pink (e Nate Ruess), Lego house di Ed Sheeran, e molte di Adele.
Sarà poi l’austerità della musica, ma nella lista entra anche la sigla di Game of Thrones
Unica eccezione è Domino: riesce a buttarmi un po’ giù anche con la sua “energia”.
Sarà che Jessie J è londinese e mi fa venire voglia di ripartire…
Ed ecco che nel giro di una settimana sono passata dall’essere carica e piena di voglia di fare, al sentirmi in forma quanto Benny Hill.
Tu sei autolesionista musicale, o intelligentemente no? E quali sono le tue canzoni?
Forse è meglio passare alla ricetta chè dopo devo riascoltare Last request 🙂
Ingredienti
– patate medio-piccole
– formaggio a pasta semicotta o semicruda
– formaggio grattuggiato
– sottilette
– spezie e/o erbette
– olio extravergine d’oliva
– sale
– pepe
– 1 spicchio d’aglio
Accendi il forno a 250°C.
Per il metodo più veloce prendi le patate, lavale bene sotto l’acqua corrente, e avvolgi ognuna in uno strappo di scottex bagnato.
Ponile su un piatto e falle cuocere nel microonde alla massima potenza: inizia con cinque minuti da un lato, girale dall’altra parte, e continua per altri cinque minuti.
Nel frattempo taglia delle fettine di formaggio poco più piccole delle patate, e le sottilette a strisce sottili.
Una volta pronte le patate, con un coltello crea dei solchi su tutta la larghezza, in modo da creare un “ventaglio”, senza però incidere fino alla base.
In ogni taglio passa lo spicchio d’aglio giusto per insaporire appena, ed inserisci le fette di formaggio.
Irrora con un filo d’olio e spolvera con spezie, erbette, pepe, formaggio grattuggiato ed un pizzico di sale.
Stendi 5 o 6 striscioline di sottilette su ogni patata ed inforna per circa 20 minuti.
Prima di servire termina con un pizzico di sale.
Alcune note
Non ci sono dosi nè prodotti specifici: non è un piatto di alta cucina, quindi vanno bene le patate che compriamo solitamente. Il formaggio va a gusto o a disposizione: io avevo solo la provola, quidni provola è stato 🙂
Ho utilizzato del Garam Masala, ma un mix di erbette è perfetto.
Le sottilette possono essere omesse, ovviamente.
Nel caso non volessi/potessi usare il microonde, le patate devono bollire in modo che non siano ancora cotte; dev’essere morbida giusto la parte più esterna.
L’unica cosa importante se hai poco tempo è, ovviamente, utilizzare patate medio-piccole.
The secret of happiness #6
L’Oriente a modo nostro. |
Dimmi se sbaglio: quando vuoi organizzare una serata con tutti gli amici non ci riesci mai.
Chiedi i turni di uno, vedi i giorni liberi dell’altro, sembri a buon punto e poi ad uno viene la febbre e all’altro chiedono una sostituzione a lavoro.
Per assurdo è persino più probabile che uscendo di casa incontri Jason Momoa (sostituisci con il famoso che più ti aggrada), si innamori di te all’istante e ti chieda di scappare con lui dall’altra parte del mondo.
invece ci sono quelle volte che organizzi alla cavolo, mandando tanto per un messaggio all’amica Infermiera, sapendo che la serata si limiterà ai soliti tre o quattro amici.
E dopo un semplice e veloce scambio di messaggi scopri che sarete quel tutti che non riesci mai a riunire. Compreso l’amico Artista, ai piedi della Mole solo per qualche giorno; l’amico delle superiori di cui ami segretamente il modo di vestire, l’amica che conosci da sempre, e pure la ragazza spagnola di un altro amico, con cui si parla metà in inglese e metà in italiano.
Della serie: manco ad organizzarla ottieni una serata così.
E’ stata una “cena a tema”: Oriente, con libera interpretazione.
Banalmente siamo finiti un po’ in India, in Cina e in Indonesia.
L’amica Infermiera si è calata nella serata a modo suo: riso alla cantonese con abito arabeggiante…
I colori viravano a tonalità più forti con la luce del tramonto, per diventare più tenui e lattiginosi un attimo dopo.
L’Artista e i suoi colori. |
E i giorni passati sono stati ricchi di queste luci, che si alternavano in base alla lunaticità del meteo.
Insomma…una settimana con scorpacciate di luce e di riso!
Ps: lunedì il post sarà su uno dei piatti qui sopra…indovina quale 🙂
Sentirsi, ogni tanto, come un croissant al burro: torta vegan al cioccolato e…ceci (senza burro, uova nè farina).
Devo ammetterlo.
Soffro di una gravissima forma di egocentrismo negativo.
Se qualcuno mi guarda, sono convinta di avere la cerniera dei pantaloni aperta o una verdura tra i denti delle dimensioni di un meteorite
Allo stesso modo penso sempre di essere la peggiore/più sfortunata/ridicola in tutto.
Quando sono partita per Londra, sapevo che sarei stata totalmente tranquilla solo quando il ragazzo inglese che ci avrebbe consegnato le chiavi della casa, si sarebbe chiuso la porta alle spalle.
La barriera linguistica mi spaventava non poco.
Sì, ero bravina alle superiori.
Sì, mi sono sempre piaciute le lingue.
Ma grazie al cavolo, finchè a parlare sei con un italiano, o un francese che lo conosce quanto te, siamo bravi tutti.
Quindi mi immaginavo già, davanti a questo alto e biondo inglese, spigliato e loquace, pronto a darci le indicazioni necessarie; mentre io, piccola e bionda italiana, timida e silenziosa, lo fissavo con gli occhi pieni di terrore senza capire un’acca.
Non contavo il fatto che sì, timiditimiditimidi siamo pochi, ma su 7miliardi di persone non è poi difficile trovarne un’altra, anche più di me.
Così, una volta arrivati mi sono resa conto che il ragazzo era sì alto, sì biondo e sì inglese, ma per nulla spigliato e loquace; in confronto io avevo la faccia da culo di Berlusconi.
Si è presentato con gli occhi bassi, e quando gli ho detto il mio nome all’italiana, l’ha ripetuto a bassa voce, quasi nel tentativo di ricordarsi la pronuncia corretta ed evitare di sbagliarlo nel caso avesse dovuto chiamarmi – classica paranoia da timido.
In questi casi comunque mi si crea una sorta di “me la tiro-mi dispiace”.
Quando trovo qualcuno che ha più difficoltà di me nei contatti umani mi si alza la sicurezza.
Inconsciamente so di avere il potere, di non essere nella posizione vulnerabile.
So che sarò Sally e non Charlie Brown.
Un croissant al burro e non un panino al latte.
Yesterday e non Aserejé.
Contemporanemente so ciò che prova chi si trova davanti a me; conosco la sua posizione e il senso di inadeguatezza.
Un po’ soffro anch’io; e contemporaneamente rido dentro, osservando la persona davanti a me come in una sorta di specchio in cui l’immagine è diversa, ma l’atteggiamento uguale; e razionalizzo quanto io lei non abbia nulla di cui vergognarsi.
Alla fine quel ragazzo ha più indicato che parlato e la sottoscritta, almeno con lui, l’inglese non l’ha quasi usato.
– ½ cucchiaino di sale
– ½ cucchiaino di bicarbonato
– 200g di cioccolato fondente tritato
Preriscalda il forno a 180°C.
Sciacqua un po’ i ceci e falli sgocciolare per bene.
Nel robot da cucina trita il cioccolato fino a ridurlo in pezzetti piccoli (circa mezzo centimetro).
Toglili e inserisci tutti gli altri ingredienti, aziona il robot e frulla benissimo.
Una volta ridotto in una specie di purea densa, aggiungi il cioccolato e mixa giusto per amalgamare.
Prendi una tortiera da 22-24 cm ⌀, strappa della carta da forno grande abbastanza da ricoprirla, bagnala, strizzala e fodera il recipiente.
Versa dentro il composto e livella con un cucchiaio.
Inforna per circa 30-40 minuti (il bordo si colorirà un po’).
Una volta pronta lasciala raffreddare almeno un quarto d’ora, estraila delicatamente e tagliala in tanti cubetti.
Alcune note
Non sa di ceci e non farti fermare dall’odore di ceci -più o meno forte- prima della cottura!
Guardandolo mi ricorda il castagnaccio, ed il sapore è molto cioccolatoso e cremoso. Ha un non so che di nocciola.
Più frulli più la torta sarà morbida, meno frulli più ci sarà il contrasto cremoso dei ceci e croccante dell’avena: io volente o nolente ho dovuto optare per quest’ultima opzione, avendo le lame del robot taglienti quanto le forbici di plastica da bambino; comunque è quella che preferisco.
Nella ricetta originale viene usata la “quick oats”. Dopo alcune ricerche ho scoperto essere diversa dalla “rolled oats” (l’avena che troviamo più facilmente nei nostri supermercati), con la quale si può però sostituire. Penso che la differenza stia nel fatto che la rolled oats da me usata sia più spessa rispetto alla quick.
L’olio che ho usato è di semi, nella ricetta originale consiglia quello di canola o di cocco.
Le dosi di zucchero, per mio errore di lettura, sono state 1/terzizzate: non avevo infatti visto che ci voleva 1 tazza e ½, e non solo ½. Ma direi che va benissimo così perchè la dolcezza c’è già!
Infine si dovrebbe aggiungere 180g di gocce di cioccolato, ma da tirchia non mi va di utilizzare una busta intera da 125g (più altra cioccolata a pezzi), quindi ho sostituito le gocce con gli avanzi di uova di Pasqua.
The secret of happiness #5
Le serate con gli amici che salvano la settimana. |
Ricca di emozioni e tranquillità; banalmente di felicità. Di quella felicità che ti entra attraverso gli occhi, le orecchie, la bocca, il naso; e la ritrovi in un piatto di gnocchi, nel provare di nuovo a disegnare, nel ricominciare ad indossare solo righe o in un arcobaleno improvviso.
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Una delle cose che cambierei di me è proprio lo sconforto che arriva dopo lo spread di energia dovuto ad un viaggio.
Mi trovo fastidiosa da sola eh: vado in viaggio e mi lamento perchè torno, rimango a casa e mi lamento perchè non parto.
Ma ultimamente qualche progresso l’ho fatto.
Ho già detto che Lei, Londra, mi ha fatto provare sensazioni che neanche a cercarle con il lanternino avrei trovato.
Mi da l’impressione che abbia un radar per gli inibitori creativi, ovvero coloro che amano qualsiasi cosa che richieda un minimo utilizzo del proprio estro ma che, vuoi per l’ambiente in cui vivono, vuoi per carattere, non riescono a sfruttare la propria fantasia.
Ecco, sono convinta che Lei sappia individuarli e punzecchiarli per tutta la loro permanenza.
Infondendo quella libertà d’inventiva che in Italia va poco di moda (e qui o va di moda altrimenti non se ne fa nulla).
Borought Market, Londra |
Che tutto ciò sia vero o meno, che sia un effetto placebo di questo mio nuovo amore per Londra a farmi sentire così, dentro ho come un’energia che va a placare la mia perenne pigrizia.
Ho voglia di fare. Di muovermi. Di creare.
E mi piace.
Sono riuscita a capire che per scrivere non ho bisogno di dieci lauree, essere giornalista, vincitrice di un Nobel per la letteratura; che per disegnare posso anche scarabocchiare un omino cerchioperlatesta-stanghetteperilcorpo. E se le mie foto certamente non saranno mai all’altezza di Erwitt, ciò però non vuol dire che mi debba vergognare di ciò che scatto.
Sono cresciuta con l’idea che la vita debba essere basata sulle passioni, sui sogni; senza mai arrendersi o accontentarsi.
Ma ultimamente, visti gli unici lavori in circolo, ho accantonato un po’ queste convinzioni.
Si deve ragionare con “prendo tutto quello che trovo”.
Non mi è mai piaciuto. Non mi piace.
Chissà però che con questa “cretività ritrovata” -e i piccoli piaceri della vita- il boccone amaro della realtà non scenda più facilmente.
Guida fai-da-te per un’amica – dal mio Instagram |
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E tu quanto sei creativo? 🙂
She left her heart somewhere else.
C’è questa ragazza nella vasca piena d’acqua, e in un’altra stanza il telefono comincia a squillare.
Dal rubinetto cadono delle gocce che scandiscono angosciosamente il tempo, quasi a voler enfatizzare la tristezza disegnata sul viso della donna.
Ed ecco che capisci cosa sta succedendo: lei è appena tornata da una crociera.
Una vacanza in cui ha probabilmente passato il 90% del tempo a fare sciafsciaf in una jacuzzi.
Immagina invece una ragazza davanti ad un computer.
In un’altra stanza si sente il vociare di qualche programma televisivo italiano, quasi a ricordarle che nel suo Paese non si parlano lingue germaniche.
Prende la macchina fotografica; comincia a mordicchiarsi l’interno del labbro inferiore per quella sensazione contrastante di eccitazione e malinconia che non aveva mai provato prima.
Lei guarda le prime foto, e tu capisci cosa succede: è appena tornata da un viaggio a Londra.
Una vacanza in cui ha passato il 70% del tempo a scoprire, perdersi e meravigliarsi, ed il 30% a mangiare neanche dovesse finire in letargo per un decennio.
E ora si trova in casa sua, con la sua routine e la sua calma piatta: cose che ha sempre amato ma che, da qualche mese, le stanno come la cintura dopo il pranzo o la cena di Natale; figuriamoci dopo un viaggio rivelatore.
L’unica cosa che vorrebbe fare sarebbe riprendere il primo volo e precipitarsi lassù, in quella città che l’ha fatta sentire a suo agio come nessun luogo è mai stato in grado di fare; che l’ha accolta come se si fosse sistemata e preparata solo per lei.
Sa che non è così. Sa che Londra, “a posto”, lo è sempre.
La ragazza ha visto i lati negativi, i suoi difetti; quello che “forse è meglio in Italia”.
Sicuramente avrà gli occhi coperti dal filtro dell’amore in grado di rendere tutto più luccicante e luminoso; ed il fascino di quell’omogenea eterogeneità che nel suo Paese può solo sognarsi, l’avrà stregata per bene. Fatto sta che le cose scomode riesce a catalogarle come “non sono poi così fastidiose”.
Per la ragazza è stato strano tornare nella propria città che ama follemente, con il desiderio però di essere altrove, circondata dalla frenesia, dalle barriere linguistiche, da un’estrosità che in Italia si scova raramente.
E per assurdo la ragazza parla di se sul suo blog in terza persona, nella (vana) speranza di ingannarsi e sentire meno la mancanza di un posto in cui ha lasciato metà del suo cuore.
Ps. la ragazza comunque ha fatto più di 650 foto: appena le avrà scaricate ci farà qualche post! Sei avvertito 🙂
La falena e -1 a Londra: caramelle al miele, menta e maggiorana contro la tosse.
E’ ridicolo e me ne vergogno.
Avevo scritto un post sul perchè sono così felice di andare a Londra.
Sul fatto che questa città mi entrata nel cuore a 9 anni, studiando le maggiori attrazioni con il mio inglese elementare. E c’è rimasta, senza averla mai visitata, attraverso film, immagini e racconti.
Ma la finestra era aperta, ed improvvisamente è entrata una falena o qualcosa del genere.
Non dico di avere la fobia per insetti, farfalle o farfalline, ma insomma, non è che le adori.
Fatto sta che mi sono ritrovata quasi in faccia quella povera bestiolina impazzita, e ho dato un colpo alla tastiera.
Ho cercato per vari minuti di farla uscire cercando di creare, a debita distanza, correnti d’aria con le mani. Alla fine l’ho persa di vista e tornata al computer, il post era sparito.
Ora, io l’avevo salvato, ne sono certa; e se non l’ho fatto io blogger l’ha fatto autonomamente.
Perchè allora non lo trovo più?
Comunque sia immagino sia andato sperduto da qualche parte nell’etere; e non ho tempo per riscriverlo, visto che domani parto finalmente per Londra e devo finire le ultime cose.
A proposito, se ti va di venire con me puoi farlo su instagram (c’è anche l’iconcina qua accanto)! Anche solo per fare un piccolo viaggio con gli occhi 🙂
Ti lascio di corsa la ricetta. Non vorrei che da sotto la scrivania sbucasse la falena…
Avevo trovato questa ricetta tempo fa, su un sito americano che a sua volta l’aveva presa da un libro.
Non faranno miracoli per il mal di gola, ma è comunque un modo dolce per curarsi un po’.
Ingredienti per una bella manciata di caramelle
– 113g di burro
– 240g di miele
– 1 cucchiaino di aceto di mele
– 2 cucchiai di acqua
– 1 cucchiaio di succo di limone
– 3 o 4 foglioline di erbe officinali, come maggiorana e menta, e 2 cucchiai d’acqua
(queste ultime puoi ometterle; nel caso, conta 2 cucchiai di succo di limone)
Prendi un pentolino e sciogli il burro a fiamma bassa.
Aggiungi il miele, l’acqua e l’aceto, alza la fiamma e porta ad ebollizione.
A questo punto abbassa un po’ il gas, e lascia sobbollire per circa 10-15 minuti, continuando a mescolare.
In questo lasso di tempo prendi le foglie delle erbe che hai scelto, lavale e frullale velocemente con due cucchiai d’acqua (io ho utilizzato un minipimer). Filtra il liquido e butta il residuo.
Per capire se il composto di miele è pronto, devi osservarlo in ebollizione: quando vedrai che comincerà ad “asciugarsi” e apparirà meno liquido, sarà il momento di aggiungere il ½ cucchiaio di limone e ½ cucchiaio dell’infuso filtrato (o solamente i due cucchiai di limone). Essendo la fiamma bassa, il liquido schizzerà pochissimo, ma stai comunque attento.
Fai bollire per un altro paio di minuti il composto.
A questo punto prendi una teglia piccola e foderala con carta da forno bagnata e strizzata, in modo che aderisca bene alle pareti.
Versa all’interno il “caramello” di miele e lascia riposare finchè non si sarà indurito.
Una volta pronto, estrai il blocco dalla teglia e affondando la lama liscia di un coltello, taglia tanti cubetti o rettangolini.
Un po’ di burro di burro in superficie è normalissimo! |
Se non si staccano bene metti il foglio in freezer e una volta duri dividili, mettili in un barattolo e conservali sempre nel congelatore.
Alcune note
Sì, è un po’ strano il fatto di doverli tenere in freezer, ma tendono a diventare molli, soprattutto con il caldo. Io però adoro la sensazione del freddo della caramella che dopo un attimo inizia a sciogliersi.
L’aceto non si sente assolutamente.
Per le erbe puoi scegliere quelle che preferisci e che siano più adatte al mal di gola; io ho utilizzato maggiorana e menta. Tieni presente però che alcune piante possono dare un sapore leggermente amaro: se le fai quindi per un bambino, conviene usare solo menta o pochissima maggiorana (o fare poco concentrato l’infuso).
Sono pensate per il mal di gola, ma sinceramente ce l’ho raramente e le finisco sempre 🙂
The secret of happiness #4
dal mio instagram |
Non è stata una settimana dura, nè ha richiesto molti dettagli che la migliorassero.
Ma i particolari che tirano su di morale ci sono anche quando non hai grossi problemi.
-4 giorni ed una persona ansiosa. Non sono un bel connubio.
Quattro giorni e parto per Londra.
E devo ancora fare un mucchio di robe, a partire dal basilare “piano di viaggio”.
Cosa fare?
Dove andare?
Perchè sono circa 15 anni che voglio vedere la capitale inglese.
Ho 15 anni di curiosità accumulate su una città che offre, offre e offre.
E ho un paio di giorni scarsi per fare una cernita, per risolvere un piccolo inconveniente con il ragazzo che ci affitta la casa, per i biglietti on-line Stansted-Londra e viceversa; per fare la valigia, togliere qualcosa, aggiungere qualcos’altro e stare in ansia per il peso…
Intanto perdo tempo a far delle adorabili cavolate, come le gocce di dentifricio per non portar dietro il tubetto (sia mai che sfori i 10Kg con quello!)
Forse è da pazzi, ma mi sono stampata la cartina di Londra per segnare quel che voglio vedere. Sono ferma ai punti di riferimento principali…
Nel frattempo giro per blog (cosa ho appena finito di dire riguardo al fatto che non ho tempo?) e su Zelda was a writer ho scoperto questo negozio etsy. Se solo i quadri fossero più piccoli vorrei Adventure, Faith e Revolution.
da etsy-Valentinolandia |
da etsy- Valentinolandia |
da etsy- Valentinolandia |
La cultura del gossip: “cappuccino” di ricotta e yogurt alla fragola.
Che la Marcuzzi si tinga le ciglia di nero a Londra, o che la Minetti -chissà poi perchè- abbia sempre paura di essere vista come un oggetto sessuale, lo posso scoprire in un solo posto: dal parrucchiere.
Il regno dei prodotti per capelli, delle cartine di stagnola, dei pettini, delle piastre.
E delle riviste di gossip italiano.
Io sono una di quelle persone che porta sempre un libro in borsa: so che magari non lo leggerò, ma mi “tranquillizza” l’idea di avere un supporto dietro.
Ho provato anche dal parrucchiere, ma capita sempre la stessa cosa: lo tiro fuori, comincio a leggere le prime righe e vengo interrotta.
Il mio lavora nel negozio di sua madre, ed il target di cliente di quest’ultima è uno.
La signora anziana.
La vedi con la coda dell’occhio, seduta nella postazione accanto alla tua; ti scruta, cerca uno spunto per attaccare bottone.
Ogni tanto si guarda in giro per poi continuare a fissarti e alla fine si fa avanti.
<<Che belle queste ragazze>>, dice osservando me e Sorella.
Lei però ha tutti i capelli freschi di piega io, con la cuffia per i colpi di sole, sono facile obbiettivo di sfottò.
Non so se sentirmi molto lusingata o presa in giro.
Sorridiamo.
Inizia a farci notare quanto non ci assomigliamo, nel caso non ce ne fossimo mai accorte, e con lui le ovvietà da “Trova le differenze”.
<<Eh, lei ha gli occhi chiari, mentre tu hai gli occhi scuri. Tu sei bionda e tu sei mora. Una però è più chiara di pelle e l’altra è più scura>>.
Terminando con il naso, che è l’unica cosa comune che odiamo entrambe.
Ma ciò che una persona anziana sa fare meglio è parlare di se stesso, senza fermarsi neanche davanti alla smorfia più annoiata.
Per questo, quando la suddetta signora ha cominciato a raccontare di come fossero meno libertine le ragazze cinquant’anni fa, ho aspettato un attimo di silenzio, e facendo finta di aver inteso che il discorso fosse arrivato al termine, ho alzato l’impegnativa rivista.
Non so perchè, ma un libro non ferma domande e chiacchiere, un settimanale di gossip sì.
Quindi ho ringraziato la carta patinata e fingendomi molto interessata, ho finito l’articolo sui fondoschiena delle storiche compagne di Ramazzotti.
Ricetta rivisitata da un vecchio numero di Sale&pepe, per renderla più adatta all’arrivo del caldo.
Le uniche differenze sono il tipo di yogurt (non greco) e il cacao al posto della cannella.
Il risultato sarà un crema fresca e dal sapore delicatissimo, il tutto in neanche un’ora.
Ingredienti per 4 persone
– 400g di ricotta
– 200ml di latte scremato (più un paio di cucchiai)
– 2 cucchiai di caffè solubile
– 100g di zucchero a velo
– 125g di yogurt alla fragola
– cacao amaro per spolverizzare
Sciogli in due cucchiai di latte il caffè solubile.
In una ciotola (o nella planetaria) unisci la ricotta, lo zucchero a velo, il caffè e lo yogurt, e sbatti con delle fruste elettriche.
Quando tutti gli ingredienti si saranno amalgamati bene, dividi il composto in quattro bicchieri (o ciotoline) e riponi in frigo per 30-45 minuti.
Poco prima di servirle, prepara la schiuma di latte.
Se non hai gli strumenti adatti per farla, metti i 200ml di latte freddi di frigo in un contenitore a chiusura ermetica.
Comincia quindi a sbattere con le mani il barattolo, per una trentina di secondi.
A questo punto togli il tappo e passa in microonde per 20-30 secondi, a potenza media. Quando vedi che sta per strabordare, puoi spegnere.
Togli i bicchieri dal freezer e poni sulla superficie la schiuma, aiutandoti con un cucchiaino.
Spolverizza la superficie con del cacao amaro e servi immediatamente.
Alcune note
Usa assolutamente una buona ricotta o la consistenza finale non sarà vellutata.
Lo yogurt alle fragole si sposa benissimo con il sapore del caffè, ma ovviamente puoi cambiarlo o sceglierne semplicemente uno naturale o greco. Idem per il tipo: magro per un dessert light, intero per uno più corposo.
Il metodo per ottenere la schiuma senza strumenti adatti l’ho trovato qui, mentre se vuoi più delucidazioni per ottenerne una perfetta dai un’occhiata qui. Le regole fondamentali sono però quelle di usare un latte meno grasso possibile, freddissimo di frigo, e non riempire il contenitore in cui lo andrai ad agitare per più di 1/3 del suo volume.
Questo dessert puoi anche farlo in coppe o calici, devi solo avere lo spazio in freezer.